Separazione e divorzio: le differenze
È opportuno, preliminarmente, distinguere l’istituto giuridico della separazione personale dal divorzio.
La separazione legale (art. 150 e ss cod. civ.) non pone fine al rapporto matrimoniale, ma sospende gli effetti nell'attesa di una riconciliazione tra i coniugi o di un provvedimento di divorzio. Ad esempio, la separazione scioglie la comunione legale dei beni, ai sensi dell’art. 191 cod. civ., ma non in modo definitivo. Se i coniugi, infatti, si riconciliano, il regime patrimoniale della comunione legale verrà ricostituito in modo automatico.
Per quanto riguarda i doveri matrimoniali, la separazione sospende solo i doveri cd. “personali” (quali quello di convivenza, di fedeltà e di collaborazione), ma non i doveri di natura economica. Pertanto, anche a seguito della separazione legale (consensuale o giudiziale) il coniuge più forte economicamente avrà l’obbligo ed il dovere di mantenere il coniuge più debole (tramite il cd. assegno di mantenimento).
La separazione rappresenta una delle condizioni (la più frequente) per poter addivenire al divorzio.
A differenza della separazione, l’istituto del divorzio (introdotto e disciplinato con la legge 01.12.1970 n. 898) comporta lo scioglimento del matrimonio e la cessazione definitiva degli effetti civili, sia sul piano personale (uso del cognome del marito, presunzione di concepimento, etc.), sia sul piano patrimoniale. Dato che il divorzio recide tutti i rapporti tra i coniugi, vengono meno non solo i doveri personali ma anche quelli patrimoniali, ossia il dovere di assistenza materiale fra i coniugi.
Tuttavia, il Giudice potrà, al momento della sentenza di divorzio, stabilire che debba comunque essere versato un assegno all’ex coniuge, che potrà essere versato mensilmente o in un’unica soluzione (cd. assegno di divorzio) previsto dall’art. 5, sesto comma, Legge n. 898/1970.
L’assegno di divorzio si distingue da quello di mantenimento, giacché non mira a mantenere in favore del coniuge più debole economicamente lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio, ma si limita a garantire all’ex coniuge più debole economicamente il necessario per vivere ed essere autosufficiente.
Ma quando viene riconosciuto l’assegno divorzile? E in che modo viene determinato il suo ammontare?
Assegno di divorzio: come viene determinato
Secondo l’art. 5, comma 6, Legge 898/1970 il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
Tuttavia, la predetta norma lascia ampi margini di discrezionalità. Per questo motivo, al fine di comprendere bene quando può essere riconosciuto l’assegno divorzile, occorre capire prima la natura dello stesso.
Sul punto, si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 11 luglio 2018 n. 18287, che hanno ritenuto che per il riconoscimento dell’assegno di divorzio devono essere tenuti in considerazione una serie di elementi, come il contributo fornito dall’ex coniuge alla formazione del patrimonio comune e personale, la durata del matrimonio, le potenzialità reddituali future ed all’età.
La sentenza in commento ha radicalmente rinnovato la funzione e la natura dell'assegno di divorzio, discostandosi dalla giurisprudenza precedente e adottando un criterio “più equilibrato” rispetto al passato.
In precedenza, infatti, l'assegno di divorzio aveva una funzione prettamente “assistenziale”, basato sul principio della solidarietà tra coniugi che, a detta della Dottrina e della Giurisprudenza prevalente, si instaurava con il Matrimonio e non terminava mai. Sulla scorta di tale criterio, la giurisprudenza per decenni aveva concesso indistintamente l’assegno divorzile, dando un peso notevole al parametro del tenore di vita.
Al fine di “limitare” il riconoscimento dell’assegno divorzile, nel 2017 era intervenuta la Suprema Corte, la quale, con la storica sentenza n. 11504, stravolse completamente l’orientamento precedente, ritenendo che l’assegno divorzile doveva essere parametrato all’autosufficienza del coniuge economicamente più debole.
In tal modo, l’assegno di divorzio non si basava più sul principio della “solidarietà”, ma, piuttosto, su quello dell’autosufficienza e autoresponsabilità.
Seppur l’intenzione della Suprema Corte era quella di limitare il riconoscimento dell’assegno divorzile, con tale sentenza si rischiava, però, di cadere nell’eccesso contrario.
Con l’orientamento giurisprudenziale del 2017, infatti, l’assegno di divorzio, teneva in considerazione solo l’autosufficienza economica, senza tenere minimamente in considerazione il contribuito offerto dal coniuge più debole alla crescita della famiglia.
A correzione di tale orientamento sono intervenute le Sezioni Unite, con la già richiamata sentenza del 2018, con la quale l’assegno di divorzio ha una funzione tanto assistenziale quanto compensativa e perequativa.
Con tale pronuncia (sentenza 18287/2018) le Sezioni Unite hanno dunque abbandonato la prospettiva individualista fatta propria dalla Corte nel 2017, valorizzando il principio di solidarietà post coniugale nel pieno rispetto degli artt. 2 e 29 della Costituzione.
In tal modo vengono rispettive le condizioni economico-patrimoniale e il contributo fornito dall'ex coniuge durante il matrimonio.
La natura dell'assegno di divorzio
Oggigiorno, quindi, l'assegno divorzile ha una natura complessa, così costituita:
Una componente assistenziale, per cui è necessario valutare il pregiudizio che può causare ad uno dei coniugi lo scioglimento del vincolo matrimoniale;
Una componente risarcitoria, per cui bisogna accertare la causa che determina la rottura del rapporto;
Una componente compensativa, per cui è necessario valutare gli apporti di ciascun coniuge alla conduzione familiare.
L'assegno può essere concesso quando sussista anche una sola di queste tre componenti.
Diretta conseguenza di tale impostazione è che, al fine di stabilire se ed eventualmente in che misura spetti l’assegno divorzile, il Giudice dovrà procedere secondo l’iter logico di seguito riportato:
a) valutazione necessariamente complessiva dell’intera storia coniugale e prognosi futura, determinando l’assegno in base all’età e allo stato di salute dell’avente diritto, nonchè alla durata del vincolo coniugale;
b) valorizzazione del profilo perequativo - compensativo dell’assegno, accertando in maniera rigorosa il nesso causale esistente tra scelte endo-familiari e situazione del richiedente al momento di scioglimento del vincolo coniugale.
Di recente, con sentenza la 9/12/2020 n. 28104/20,la Suprema Corte ha ribadito questi principi.
Assegno di divorzio: aggiornamenti normativi
Da ultimo, in tema di assegno divorzile, si rappresenta che recentemente è stato approvato dalla Camera un disegno di legge di riforma della legge 898/1970, con cui vengono introdotte delle modifiche sostanziali proprio all’art. 5 della Legge 898/1970, introducendo sul piano normativo le suddette pronunce giurisprudenziali.
Secondo il progetto del nuovo articolo 5, al fine dell’attribuzione dell’assegno divorzile in favore di uno dei due coniugi, il Tribunale potrebbe quindi essere tenuto a valutare:
la durata del matrimonio;
le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi dopo lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio;
l’età e lo stato di salute del richiedente;
il contributo personale ed economico fornito da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno, e anche di quello comune;
il patrimonio e il reddito di ambedue;
la ridotta capacità reddituale imputabile a ragioni oggettive, pure in considerazione della mancanza di un’adeguata formazione professionale overo di esperienza lavorativa, quale conseguenza dell’adempimento dei doveri coniugali, durante la vita matrimoniale;
l’impegno di cura di figli comuni minori, disabili, o in ogni caso non indipendenti in senso economico.
Tra le ulteriori novità, il disegno di legge in questione prevede:
la predeterminazione della durata dell’assegno nelle ipotesi di ridotta capacità reddituale dell’istante, dovuta a ragioni contingenti o in ogni modo superabili;
l’interruzione della corresponsione dell’assegno in ipotesi di nuove nozze, di unione civile con altra persona, ovvero di una stabile convivenza anche non registrata di colui che richiede l’assegno;
l’obbligo di corresponsione dell’assegno, nei casi sopraelencati, non risorge a seguito della separazione ovvero dello scioglimento dell’unione civile, o della fine della convivenza;
l’applicazione del nuovo testo dell’articolo 5 pure ai procedimenti per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio già in corso, col dichiarato intento di “fornire risposte normative adeguate alla questione dell’equo bilanciamento degli interessi coinvolti dallo scioglimento del matrimonio”.
Assegno di mantenimento: differenze con assegno di divorzio
Per quel che concerne l’assegno di mantenimento, invece, si rappresenta che quest’ultimo ha natura prettamente assistenziale nei confronti del coniuge.
l'assegno di mantenimento dei figli ha sempre natura alimentare, anche quando gli stessi abbiano raggiunto la maggiore età e non abbiano ancora raggiunto l'indipendenza economica (sul punto, si veda la sentenza della Suprema Corte n. 25166/2017 del 24 ottobre 2017)
Si rappresenta, infine, che l'assegno, sia di mantenimento che di divorzio, possono essere oggetto di rinuncia, se sopraggiunge uno stato di bisogno sarà possibile revisionare le decisioni assunte precedentemente.
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